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"Fare l'Europa" è stato, e rimane, un obiettivo tanto ambizioso quanto complicato. La storia delle elezioni europee ne è una dimostrazione. I vari progetti di suffragio diretto di un'assemblea europea, susseguitisi dal 1948, implicavano l'impegno a conferire una dimensione "sovranazionale ", e perciò inedita, ai principi della rappresentanza politica e al concetto di cittadinanza; ponevano il problema dei confini dell'Europa unita, dovendosi stabilire la collocazione dei territori d'oltremare nella geografia elettorale comunitaria; consacravano il peso relativo delle varie istituzioni europee e il loro rapporto con quelle nazionali. All'elezione diretta si chiedeva anche di modellare l'identità politico-ideologica della Comunità, ad esempio sancendo l'inclusione o l'estromissione dal Parlamento europeo delle forze politiche critiche verso il processo di integrazione. In breve, il "voto europeo" è stato uno dei terreni su cui si sono misurati i vari disegni di organizzazione del comune spazio politico-economico che si è andato formando nel secondo dopoguerra. Le elezioni europee, indette a partire dal 1979, sono quindi l'esito di una vicenda complessa, la cui conoscenza pone, tra l'altro, i presupposti per una discussione critica della tesi che le derubrica a mero epifenomeno delle dinamiche politiche nazionali.